San Rocco e Carife

La paura della morte non lo toccava, non perché fosse stoico, ma per l’ardore di vita cristiana che sentiva nell’anima e che proiettava al di fuori.
Erano estranei, sconosciuti gli appestati e per giunta pericolosi, per gli altri, ma non per lui che in essi vedeva l’immagine di Gesù: ero ammalato e siete venuti a visitarmi.
Questo richiamo evangelico lo sorresse in tutta la sua azione assistenziale e protettiva e gli diede lena e potenza fino a quando anch’egli fu colpito dal Male.
L’arte cristiana ha raffigurato S. Rocco vestito da pellegrino, con una piaga sul ginocchio e un cane che gli porge un pezzo di pane. E la storica fotografia di un ambiente e di una circostanza di alta significazione morale.
S. Rocco nell’Italia del Nord contrae la peste, per non essere di pericolo a nessuno per il suo male si ritira in una grotta deserta e abbandonata. Ogni giorno il cane del Signorotto del posto sottrae dalla mensa padronale un tozzo di pane e lo porta nella spelonca
Guidato da mano non umana1 perché S. rocco ha sacrificato la vita per gli altri, non muoia nell'abbandono e nell’inedia.
La curiosità spinse il Signorotto a seguire il suo cane e fu colpito dallo spettacolo che gli si parò dinnanzi. Accorse la città, ma di li a poco, guarito riprese il suo pellegrinaggio perché anche la sua patria fu colpita dal morbo e visse cinque anni a Montpellier.
Qui c'è un intreccio di storia e leggenda; si racconta che fu gettato in prigione dallo zio usurpatore del feudo e che alla morte brillò una corona sul capo con l’indicazione della sua identità; altri sostengono che mori di stenti dovuti alla sua vita di missionario dell'amore; altri, addirittura. che curando gli appestati fosse stato colpito dal male.
Tutte e tre le motivazioni mettono in luce la grandezza del suo animo.
Entrò subito nella realtà della storia per eminenza di fatti: durante la vita guarì molti appestati, dopo la morte i prodigi aumentarono per cui la cristianità lo proclamò Santo e protettore contro la peste.
Il popolo cristiano lo venerò ad altissimi livelli e il suo culto, specie in Italia, dove vivissimo era il ricordo del suo passaggio, per il ripetersi della tradizione orale, ebbe generale rilievo anche per ragioni obiettive... Quando la sciagura inevitabile incombe, l’uomo ritorna alle origini e va alla ricerca dell’ancora di salvezza, scarta tutte le mezze vie, i tentativi più o meno maldestri di spiegazioni e soluzioni e guarda lontano, lì dove c’è il Padre Nostro.
L’Italia agricola che, contro la moria delle bestie, degli armenti, non vide altra soluzione se non Dio per la salvaguardia dei mezzi di vita e di sussistenza, pose S. Rocco, come l’unico vero pastore degli ovini in maniera particolare, ricavandone intercessione, aiuto e miracoli.
Altra spiegazione logica non può trovarsi per renderci ragionevole il culto che la nostra gente ha avuto per S. Rocco, che non è stato considerato come un santo straniero, ma un fratello di casa nostra.
Oggi l’umanità ha bisogno di uomini come S. Rocco per dare contorno e risalto ai valori della vita, perché i Santi non sono degli idealisti incantati fuori dalla realtà, come affermava Rénan, ma sono invece degli Uomini autentici che, per intelligenza ed equilibrio morale, costituiscono guida sicura per l’umanità.
L’esasperazione dei problemi sociali su scala mondiale sta raggiungendo livelli di tensione altissima.
C’è bisogno, quindi, di una controrivoluzione a quella che è in atto: allo scadimento dei valori reali operati nell’arte, nella politica, nel vasto panorama delle istituzioni, nei rapporti umani e familiari, c’è bisogno di opporre una ricerca di valori autentici della Società, che non trovano fondamento nella friabile coscienza moderna, ma in qualcosa di definitivo e di immutabile, diversamente, è vana l’opera dell’Uomo.

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